Il Drugo Lebowsky è un Dudeista?



Quanto tempo abbiamo nella vita da dedicare a qualcosa di speciale, fuori dalla routine? Il tempo che abbiamo ci basta? Un vecchio filosofo una volta ha scritto che “il tempo che abbiamo non è poco, ma noi ne buttiamo via molto”. Indubbiamente il concetto spinge a pensare: non solo al fatto che non riuscire a trovare il tempo per fare qualcosa forse è più segno che non vogliamo farla, ma anche al fatto che si possa decidere di spendere un tempo spropositato su qualcosa dal valore discutibile.

Sto volando troppo in alto, lo so, ma lo faccio per estendere il concetto a qualunque aspetto della vita. Ammetto, però, che il tormento che mi spinge a parlarne sgorga in realtà da ciò che ho visto gravitare attorno a quest’opera, che adoro e di cui volevo scrivere da un po’.
Nella mia fantasia, quando nel ‘98 lo vidi per la prima volta, il Grande Lebowsky era una divertentissima presa di posizione contro i classici capisaldi della cultura statunitense,
attaccando i loro cliché più tipici esattamente come quelli di altre culture sono stati attaccati da loro in passato. Idea semplice snocciolata con genialità e umorismo. Anche il Drugo (… Dude in versione originale) ai miei occhi è sempre stato quel semplice hippie sopravvissuto che lascia che la vita vada come vuole, diventando così lo strumento perfetto nelle mani dei fratelli Cohen. E anche gli amici eterni del bowling (uno tutto svitato, l’altro perso per la tangente) diventano pedine eccezionali per tirare avanti quella strana filosofia di vita che mescola il materiale e lo spirituale in un’immagine del Drugo che non si può non definire “vitruviana”.

Nel mondo, però, siamo in tanti e tutti diversi: qualunque cosa si possa pensare, e qualunque base ne supporti il valore, ci sarà sempre chi la vedrà in modo differente se non opposto. Ecco allora comparire alla mia vista qualcosa che non avrei mai pensato di trovare: il Dudeismo!
Vi prego, fate lo sforzo di andare a leggere di cosa si tratta e, se volete, esprimete la vostra opinione. L’unica cosa che voglio dire al riguardo è che per decidere di percorrere una strada come quella scelta dal signor Oliver Benjamin bisogna avere un mucchio di soldi pari almeno al mucchio di problemi che ci sono nella testa.
Bah, ognuno spenda pure la sua vita come ritiene opportuno, viva la libertà! Però per me il Drugo resterà sempre quel personaggio che davanti a qualunque sgarbo non s’indigna, ma va avanti fumando marijuana, giocando a bowling e bevendo sempre il suo cocktail preferito: il facile e veloce White Russian.


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Il nome di questo cocktail pare abbia una doppia sfaccettatura. Oltre al chiaro riferimento al colore e all’ingrediente principale (la Vodka), il sottile significato di White Russian (Russo Bianco) farebbe riferimento alle armate dei “Bianchi”, gli anti-bolscevichi della guerra civile russa… nascondendo un certo riferimento politico, essendo stato il White Russian inventato proprio per un ambasciatore americano nel periodo della guerra fredda. Il mio consiglio è berlo ascoltando il bel lavoro dedicato dai Marillion.
In contrapposizione a questo cocktail, invece, nel film si cita la Salsapariglia: è la bevanda che chiede “lo straniero”, quel vecchio cowboy al bancone del bowling che, dice, ammirerebbe il Drugo… se non stesse a dire tutte quelle parolacce.



A parte sapere che fosse la bevanda preferita dei puffi, sinceramente non ho mai avuto idea di cosa fosse la Salsapariglia:

cercando, ho scoperto -fra varie altre cose- che si tratta di una bevanda alcolica e gassata il cui gusto particolare dipende dalla radice di una pianta che si trova dal Messico in giù, chiamata appunto salsapariglia.
Oggi, da qualche parte, si trova ancora col nome di Root Beer, ma non è più nella sua versione originale. Diciamo che per ora non mi voglio dilungare oltre, ma prometto un regalino su Facebook per chi ci segue anche lì.

Enjoy