Birdman: spiazzante ma...


Mamma mia... sono spiazzato... confuso. Non avevo voluto leggere niente su questo film, prima di vederlo, proprio perché non volevo aspettarmi niente e... quello che ho visto proprio non era il genere di racconto che mi aspettavo.

Bello? Boh... sì, forse... anzi,  sicuramente sì!
L’ho detto: sono confuso... avrei forse dovuto informarmi prima per essere preparato? No, assolutamente e decisamente no.

Beh, alla fine in realtà mi è piaciuto. Anzi mi è piaciuto molto! Solo... non subito. La mattina dopo, avendoci dormito su, facendo candire il ricordo e l’esperienza della serata.
Adesso, più ci rifletto e più mi sento soddisfatto di averlo visto, ma sono certo che questo film spaccherà in due fazioni gli spettatori. Un po’ come accade con molti film di Woody Allen, che o li ami o li odi. E il parallelo non è fatto a caso: seppur nettamente diverso, lo stile con cui il film procede richiama molto alla mente quello alleniano. Non ultimo l’utilizzo molto attento e selezionato della musica che si accompagna alle situazioni, che in questo caso è principalmente composta da pure ed elaborate percussioni. Ammetto che questo aspetto è proprio uno di quelli che più mi hanno colpito positivamente durante la visione. Sì, perché in realtà il bello della storia non viene tanto dalla trama o dalle “chiacchiere”, quanto piuttosto dallo svolgersi degli eventi e dal continuo perfezionamento dei profili dei vari protagonisti che mano a mano si scoprono sempre di più.

Però io, del contenuto, non voglio raccontare nulla: è un film che, pur considerando la banalità dello spunto e della trama di base, mi è risultato estremamente originale... e inoltre ha saputo finalmente dimostrare le qualità artistiche di Michael Keaton, uno che finora non ero mai riuscito ad annoverare fra gli attori di un certo livello.


Spunti comici s’incrociano ad altri alquanto tragici; è una commedia, ma anche un dramma, e sà mettere in discussione l’intimità di figure apparentemente irraggiungibili e che noi immaginiamo soltanto di poter conoscere. La grettezza di miti e l’inattesa magnificenza di anime perse e quasi invisibili qui riescono a convivere, non senza raschiare stridendo tra loro, dando decisamente sapidità alla pellicola.
Il fatto che abbia vinto l’Oscar, però, non non è secondo me figlio si questo: onestamente si nota subito che è un racconto davvero molto americano, che per di più si svolge a Manhattan e, se questo non bastasse, racconta di uno spettacolo a Broadway! E questa mi pare una valida ricetta per il candidato.

Vale comunque la pena andarlo a vedere se vi incuriosisce sperimentare un modo differente di guardare a qualcosa che, in realtà, somiglia più a scene di vita quotidiana. Personalmente lo suggerisco perché, piaccia o non piaccia, è comunque un film mentalmente molto stimolante.

Altrettanto stimolante dovrà quindi risultare anche la ricettina da associare, per cui vi propongo un’altra idea del nostro amico di “Podere Vignali”: 

Cavolfiore Fritto 


Per questa ricetta il cavolfiore tradizionale va benissimo, ma il cavolfiore viola (che è un incrocio tra cavolo, broccolo e cavolfiore comune) ha un sapore diverso e meno pungente che lo rende preferibile.

Dopo averlo pulito bene, dividere le cimette del cavolfiore e lessarle in acqua salata scolandole al dente (non cuocerle troppo o si disfano... non più di 8 min). Farle asciugare bene su un panno prima di passare alla frittura con una pastella alterrnativa, tipo “tempura” giapponese.

Sbattere il tuorlo d’uovo (per 2 persone) in un contenitore di metallo immerso nel ghiaccio (ancora meglio se tenuto prima in freezer per qualche minuto), unire acqua gassata ghiacciata (ca. 200ml) e mescolare bene unendo, poco alla volta, 100gr di farina setacciata (va bene anche la farina di riso!). Mescolare per qualche secondo aggiungendo sale e pepe a piacere, tuffare le cime nella pastella gelata (se si vuole passarle anche nel pan grattato) e poi friggere tutto in olio evo o di arachidi senza dorare troppo... e, mi raccomando, attenzione agli schizzi!

 Enjoy