Somewhere…
“…over the rainbow” è la tipica risposta che si riceve postando questa parola su un social network. In effetti, il film è recente e non richiama il grande pubblico. Però mi chiedo se sia da escludere che il Mago di Oz, in tutto questo, possa avere qualche ruolo…
L’indifferenza di Moravia di sicuro ce l’ha: chi lo ha letto, sono certo, avrà come un dejà vu osservando con attenzione il ruolo giocato da ricchezza e successo nel vuoto d’anima di Johnny.
Radici assenti, non-luoghi in cui si non-abita, apatia e edonismo: tutti elementi marcati a dovere e sfacciatamente in contrasto con quanto portato dall’arrivo della figlia di 11 anni. Undici, cioè assolutamente non più bambina ma decisamente ancora non donna! Proprio quell’età di “transizione” in cui si guardano i due mondi chiedendosi dove si vorrebbe andare… quindi l’età dei grandi quesiti, dei forti dubbi, proprio quello che porta nel padre il classico “breakthrough”: la scoperta che solo perdendo tutto quello che ha ottenuto col successo può capire ciò di cui ha veramente bisogno.
Questo mi pare sia tutto. Ma non arriva mica subito, o facilmente: nel film iniziano a parlare proprio quando cominci a pensare si tratti di un film muto… e, quando il film finisce (in modo identico a Cast Away), non senti di aver raggiunto la fine, ed esci dalla sala chiedendoti se in realtà tu non fossi “somewhere else”. Piano piano, lasciando decantare, qualcosa finalmente viene fuori. Non un granché, ma il gioco della Coppola forse era proprio quello. Un po’ l’effetto che si prova nel video Flash Delirium dei MGMT.
Mentre il momento “italiano” del film l’ho trovato di cattivo gusto (se non offensivo), vedere la figlia di Johnny ordinare ingredienti dalla camera d’albergo per poi preparare da mangiare al suo papà con le sue manine mi è piaciuto. Una perla di tenerezza -all’interno di quel contesto- che forse è anche in parte autobiografica. Per questo vorrei legare il film a un piatto della tipica prima colazione americana fatta in casa: una cosetta che adoro, ma che in Italia non sono ancora riuscito a mangiare come si deve.
Pancakes
Ingredienti: 200 gr di farina, 2 cucchiaini da tè di lievito in polvere, 1/2 cucchiaino da tè di sale, 1 cucchiaio di zucchero, 2 uova, 250 ml di latte, 3 cucchiai di olio di semi vari
In un recipiente medio unire farina, lievito, sale e zucchero. Mescolare e mettere da parte. In un altro recipiente medio battere i bianchi d'uovo finché diventano consistenti. Senza lavare lo sbattitore, battere leggermente i tuorli in un terzo recipiente medio.
Mescolare bene il latte e l'olio. Aggiungere i liquidi agli ingredienti solidi e mescolare finché il composto è omogeneo ed aggiungere infine i bianchi d'uovo montati.
Ungere e riscaldare una padella di diametro medio a fuoco moderato. Mettere circa 3 cucchiai del composto per pancake ottenuto nella padella. Distribuire fino ad ottenere un cerchio di circa 10 cm. di diametro. Cuocere finché la parte superiore fa bolle ed appare asciutta; girare il pancake e cuocerlo dall'altra parte finché si scurisce. Mangiateli caldi e cosparsi di sciroppo d'acero: non ve ne pentirete.
Enjoy
L’indifferenza di Moravia di sicuro ce l’ha: chi lo ha letto, sono certo, avrà come un dejà vu osservando con attenzione il ruolo giocato da ricchezza e successo nel vuoto d’anima di Johnny.
Radici assenti, non-luoghi in cui si non-abita, apatia e edonismo: tutti elementi marcati a dovere e sfacciatamente in contrasto con quanto portato dall’arrivo della figlia di 11 anni. Undici, cioè assolutamente non più bambina ma decisamente ancora non donna! Proprio quell’età di “transizione” in cui si guardano i due mondi chiedendosi dove si vorrebbe andare… quindi l’età dei grandi quesiti, dei forti dubbi, proprio quello che porta nel padre il classico “breakthrough”: la scoperta che solo perdendo tutto quello che ha ottenuto col successo può capire ciò di cui ha veramente bisogno.
Questo mi pare sia tutto. Ma non arriva mica subito, o facilmente: nel film iniziano a parlare proprio quando cominci a pensare si tratti di un film muto… e, quando il film finisce (in modo identico a Cast Away), non senti di aver raggiunto la fine, ed esci dalla sala chiedendoti se in realtà tu non fossi “somewhere else”. Piano piano, lasciando decantare, qualcosa finalmente viene fuori. Non un granché, ma il gioco della Coppola forse era proprio quello. Un po’ l’effetto che si prova nel video Flash Delirium dei MGMT.
Mentre il momento “italiano” del film l’ho trovato di cattivo gusto (se non offensivo), vedere la figlia di Johnny ordinare ingredienti dalla camera d’albergo per poi preparare da mangiare al suo papà con le sue manine mi è piaciuto. Una perla di tenerezza -all’interno di quel contesto- che forse è anche in parte autobiografica. Per questo vorrei legare il film a un piatto della tipica prima colazione americana fatta in casa: una cosetta che adoro, ma che in Italia non sono ancora riuscito a mangiare come si deve.
Pancakes
Ingredienti: 200 gr di farina, 2 cucchiaini da tè di lievito in polvere, 1/2 cucchiaino da tè di sale, 1 cucchiaio di zucchero, 2 uova, 250 ml di latte, 3 cucchiai di olio di semi vari
In un recipiente medio unire farina, lievito, sale e zucchero. Mescolare e mettere da parte. In un altro recipiente medio battere i bianchi d'uovo finché diventano consistenti. Senza lavare lo sbattitore, battere leggermente i tuorli in un terzo recipiente medio.
Mescolare bene il latte e l'olio. Aggiungere i liquidi agli ingredienti solidi e mescolare finché il composto è omogeneo ed aggiungere infine i bianchi d'uovo montati.
Ungere e riscaldare una padella di diametro medio a fuoco moderato. Mettere circa 3 cucchiai del composto per pancake ottenuto nella padella. Distribuire fino ad ottenere un cerchio di circa 10 cm. di diametro. Cuocere finché la parte superiore fa bolle ed appare asciutta; girare il pancake e cuocerlo dall'altra parte finché si scurisce. Mangiateli caldi e cosparsi di sciroppo d'acero: non ve ne pentirete.
Enjoy