The Big Kahuna, e l'Indigo
La vita è governata dal caso.
Qualunque sia il modo in cui scegliamo di viverla l’esito finale è del tutto
imprevedibile. Non c’è modo di governarla: siamo impotenti e qualunque nostra
pretesa di controllo è un po’ come “voler risolvere un’equazione algebrica
masticando una gomma”. Perciò è meglio rilassarsi e godersela: la risposta a
quale sia il senso della vita credo non esista, perché tutte le vite sono
caotiche ed anche le scelte che ci sembrano sul momento assolutamente perfette
e indiscutibili, poi possono rivelarsi proprio quelle che ci hanno resi più
infelici.
Detto questo, c’è qualcosa che
ha davvero un’importanza superiore per noi e ci condiziona nel modo in cui
scegliamo di vivere? E nel caso, si tratta sempre delle stesse cose? O col
passare del tempo rivediamo la nostra posizione e le nostre preferenze? Quante cose possono capitare, quante
influenze subiamo, quanti traumi ci sconvolgono? E per quanto tempo durano le
situazioni che ci regalano estasi o dolore?
Tutto è una scommessa, ma non
lo vogliamo ammettere: bisogna imparare davvero cosa significa provare
rammarico prima di poter affermare di aver capito qualcosa della vita, o
meglio, di aver capito che la vita va dove deve andare e non per le nostre
scelte o per l’impegno profuso.
Nel momento in cui
comprendiamo che non abbiamo il potere di far sì che la nostra vita sia
esattamente come la desideriamo, che se troveremo la felicità sarà solo per
caso, dovremo però anche comprendere che senza la ricerca della felicità, senza
la volontà e lo sforzo di ottenerla, raggiungerla sarà estremamente difficile.
Questo è più o meno quello che
a me arriva quando guardo questo film: non è sicuramente un capolavoro
cinematografico e molte sono le critiche riguardo all’eccessiva “teatralità”
dei tre protagonisti, Kevin Spacey in paricolare. A conti fatti loro tre sono i
veri attori della pellicola: tutti gli altri sono solo comparse, compreso il
pesce grosso a caccia di cui sono stati mandati lì dalla ditta, il Big Kahuna!
Ed è nei discorsi tra di loro che emergono le personalità, le esperienze e le
conclusioni a cui ciascuno di loro è giunto.
In buona sostanza amore,
fiducia, fede, amicizia, onestà, cura per se e per gli altri devono essere
argomenti da imparare a leggere e a contestualizzare con profonda saggezza: non
è un compito facile, ma è necessario per imparare a trarre il massimo da quello
che la vita ci passa, poco o tanto che sia.
Quanto sopra è la parte più
spirituale che mi è rimasta dentro; ma ce n’è anche un’altra, una molto più
concreta... che certamente comprenderete guardando il film: la voglia di un
antipasto a base di gamberoni. Quella che mi è parsa più intrigante è la
ricetta dei Gamberoni Indigo tratta dal blog 'La Melagranata'.
Per 20 persone:
Purè: 500g di patate viola del
Perù, 250g latte, 50g panna, burro, aglio, sale, pepe
Lessare le patate con la
buccia, spellarle ancora calde e passarle subito allo schiacciapatate.
Rimetterle sul fuoco aggiungendo latte e panna caldi e mescolare bene. Salare e
pepare. Unire il burro dopo aver levato dal fuoco, montando bene. Mettere in
una tasca da pasticceria con bocchetta spizzata e riempire piccolissime ciotole
o cucchiaini da finger-food.
Pulire 20 gamberi freschissimi,
togliendo la testa e il carapace, lasciando solo il ciuffetto finale della
coda. Farli saltare nel burro spumeggiante per 3 minuti. Con l’aiuto di una
pinza, metterli ritti sul mucchietto di purè viola. Infine, guarnire con bucce di
limone caramellate e sale nero delle Hawaii.
Credo proprio che la proverò: sembra davvero invitante!
Enjoy