Juno
Dal latino “Iuno, Iunonis”, Giunone è la divinità
del matrimonio e del parto nella mitologia dell’antica Roma, spesso rappresentata
-nell’iconografia del tempo- nell’atto di allattare. Quando in seguito gli
antichi Romani cercarono di ottenere un allineamento tra la loro mitologia e
quella greca, Giunone fu addirittura sovrapposta ad Era, divenendo così “la moglie di Giove” e quindi la più
importante divinità femminile. Una curiosità che la riguarda (e che non
conoscevo) è l’epiteto con cui veniva venerata in un particolare tempio sulle
pendici capitoline: “Moneta”, nel
senso di ammonitrice! Il caso volle che il tempio fosse innalzato proprio
accanto alla zecca romana e questo spiegherebbe il nome dato al metallo lì
coniato.
Nonostante ammetta l’imponenza
ed il valore mitologico di questo nome, devo ammettere che non potrei
decisamente annoverarlo nella lista dei nomi che amerei dare ad un’eventuale
altra mia figlia. Né posso dire di aver mai conosciuto (per quanto io ricordi) una
persona che portasse questo nome. Probabilmente solo un vero appassionato della
mitologia romana potrebbe arrivare a sceglierlo, meglio ancora se
l’appassionato è di origine anglosassone, visto quanto suona più leggero il
nome Juno. Ecco l’innesco per questo
personaggio incredibile e bellissimo: figlia proprio di un padre con questa
passione, la fanciulla protagonista di quest’opera si trova ad essere “condannata”
dal suo nome a rimanere incinta al suo primo rapporto sessuale. Condanna non
esplicita nella sceneggiatura, ma che si nasconde poco e male fra le righe.
La cosa davvero bella del
film, comunque, è legata all’introvabile eccezionalità dei protagonisti, dei
loro comportamenti e delle loro scelte, soprattutto per quanto riguarda la giovane
protagonista. Pensare ad un’adolescente che, a modo suo, ha la testa sulle
spalle non è facile: se io a quell’età avessi incontrato e conosciuto una
persona capace, come lei, di mantenere in una tale situazione sicurezza,
controllo e lingua affilata sicuramente ne sarei rimasto molto colpito.
Non solo: anche la reazione
dei genitori al momento in cui vengono messi a conoscenza del “fatto” è
decisamente particolare, inconsueta, piacevole.
La critica è ovviamente molto
facile: questa non è la realtà di chi a quell’età si trova a dover affrontare
una gravidanza e scherzarci sopra non è corretto. In linea di principio è una
critica corretta, ma non tiene in considerazione due elementi di lettura
fondamentali:
- che piaccia o no, gli autori di un film hanno la libertà di trattare l’argomento che vogliono nel modo che vogliono, senza necessariamente rispettare quello che accade nella vita reale, al fine di passare il messaggio che desiderano trasferire, piccolo o grande che sia;
- il regista (Jason Reitman) è sempre quello di “Thank you for Smoking”, di cui ho scritto l’anno scorso: un prodotto decisamente provocatorio ed irriverente che prende a forti schiaffi la moralità generale, desiderando in realtà passare un messaggio che niente ha a che fare col soggetto principale, che ne è invece solo lo strumento.
Quindi apriamo la mente,
sforzandoci di “giocare” con il regista per carpire invece il vero messaggio
che contiene... e che non vi dico. L’unica cosa che posso dirvi è che durante
una gravidanza le donne subiscono, solitamente, molte “trasformazioni” nell’umore,
nel carattere e neile percezioni sensoriali, soprattutto su gusto ed olfatto.
Senza arrivare all’orrenda barzelletta del “panino alla cacca”, accade di
vedere donne incinta che mangiano cose abominevoli e totalmente fuori dalle regole
del buongusto.
Ad esempio, la pasta con le verdurine sott'olio!!
