Gioie e dolori, gl’italici doppiatori!


Eccomi al primo post dell’anno! Eccomi richiamato al dovere di non fare come l’anno scorso e rispettare le vecchie tradizioni: quindi primo post = stroncatura (... più o meno)!
Volendo essere ligio al dovere (morale), ma non avendo assistito di recente a prodotti cinematografici di livello scadente, ho scelto di preparare un breve “saggio” sull’argomento nel titolo.
Proviamo a fare un po’ d’introspezione: in Italia abbiamo un fenomeno decisamente contraddittorio ma fortemente caratterizzante, cioé importiamo tantissimi film dall’estero, ma non ne vediamo nessuno in lingua originale! Li doppiamo tutti! Ed è sempre stato così.

Proprio per questa ragione, la tecnica di doppiaggio in Italia è diventata, fin dai primi tempi, una vera e propria arte e i doppiatori erano (e sono) dei veri e propri “attori radiofonici”, con capacità e abilità vocali superiori sviluppate grazie alla frequenza di specifici corsi in specifiche scuole, nate proprio per formare doppiatori professionisti.
In effetti, almeno in alcuni casi, il livello raggiunto dal doppiaggio italiano permette a un prodotto importato di crescere addirittura di qualità e di valore, grazie alla maggiore credibilità della voce doppiante rispetto a quella originale.
Purtroppo non tutti i doppiatori selezionati sono bravi: troppo spesso negli ultimi tempi sono state scelte voci solo per poter mostrare il nome di un personaggio famoso... che poi però non si dimostra all’altezza del compito assegnato, determinando il fiasco del prodotto finale.

Altre volte, invece, il doppiatore è valido ma il testo assegnato non è stato “digerito” a sufficienza dall’autore... generando ancora una volta un risultato discutibile.
Tutto questo poi diventa estremo quando si entra nel genere demenziale: i “giochi di parole”, infatti, costituiscono una fonte di comicità fondamentale in questo genere, ma lingue diverse raramente hanno giochi di parole in comune; è qui che l’autore di qualità deve venire fuori, gestendo sapientemente le battute, riadattandole alla nuova lingua, arrivando anche a stravolgerne completamente i testi. Un’esempio di successo è Frankenstein Junior nella famosa scena in cui si sente ululare un lupo e la successiva battura originale americana “Were-wolf, There Wolf” in italiano viene trasformata nella storica “Lupo Ulu-là, Castello Ulu-lì”.


Ma lavorare così costa: costa talento, fatica e dedizione, richiedendo tempi e spese che non sono sempre compatibili con altre esigenze... “prioritarie”: se poi il risultato finale non è all’altezza poco importa.
Ma per lo spettatore il livello raggiunto importa eccome (o almeno dovrebbe), solo che l’unica arma che si può utilizzare per esprimere dissenso è non andare a vedere il film al cinema... cosa difficile da fare se, per scoprirne la scarsa qualità, l’unico modo è proprio andare a vederlo.

C’è poi un altra casistica che ho scoperto circa una decina di anni fa: film che vengono completamente ridoppiati per “migliorare” l’audio, che risultava deteriorato dal tempo. E di questo vi porto l’esempio concreto di una mia grande delusione: fin dai tempi del liceo sono stato un devoto e fanatico ammiratore dei lavori dei Monty Python, che per me e tutta la mia cerchia di amici hanno rappresentato un punto di riferimento indiscutibile della demenzialità cinematografica. Per anni, nei nostri ritrovi, le battute tratte dai loro film entravano in continuazione nei momenti più disparati, tanto ne eravamo segnati. I migliori in assoluto sono, senza dubio, “Il Senso della Vita” e “Brian di Nazareth”. Una decina di anni fa, appunto, li trovo inaspettatamente in vendita in DVD ed io, con le lacrime agli occhi per la gioia, li ho subito comprati e sono letteralmente scappato a casa per vederli all’impronta.


Non so come descrivere efficacemente l’amarezza che ha seguito l’iniziale stupore: la versione in DVD era stata completamente ridoppiata, con voci nuove, testi modificati e diverse impostazioni vocali e dialettali che hanno fatto perdere completamente tutto il fascino dei film originali. Ho condiviso l’esperienza con gli amici, scoprendo che anche altri di loro avevano sperimentato lo stesso trauma. Ho ancora i DVD, ma confesso che non ho mai più provato il desiderio di rivederli e sono rimasti lì a prendere la polvere per tutti questi anni.

Un’esperienza amara, così amara che la potrei solo abbinare al gusto Cerume delle caramelle “Tutti i gusti più uno” di Harry Potter.
Volendo invece trovare qualcosa di diverso, qualcosa che rinfranchi lo spirito e faccia tornare un po’ di buon’umore, allora suggerisco i favolosi biscotti natalizi allo zenzero, chiamati anche Gingerbread.

http://www.thecomfortofcooking.com

E vi passo la ricetta di come li fa la mia mammina:

INGREDIENTI: Farina “00” gr.500, Zucchero di canna gr.130, Miele gr.200, 1 uovo, Burro gr.130

SPEZIE: 1,5 cucchiaino di cannella, 2 cucchiaini di zenzero, 1/2 cucchiaino di pimento, un pizzico di noce moscata, un pizzico di sale e 1/2 cucchiaino di lievito per dolci.

Setacciare la farina in una ciotola, unire lo zucchero di canna, le spezie, il sale e il lievito. Mescolare bene e poi unire l’uovo, il burro ammorbidito e il miele. Formare una palla e metterla in un luogo fresco a riposare, coperta da una pellicola, per 2 – 3 ore. Stendere l’impasto col matterello fino ad ottenere una sfoglia alta 4 mm. Tagliare con le formine ad “omino”, decorarle con i ritagli di pasta avanzata e dei confettini colorati, quindi infornare su una teglia foderata di carta forno per 15’ a 160°.
Lasciarli raffreddare e poi decorarli con glassa colorata.

Enjoy