La Pazza Gioia e Franco Basaglia


Forse non tutti sono a conoscenza del fatto che l’Italia è stato il primo paese nel mondo ad abolire gli ospedali psichiatrici. Non solo: almeno fino all’uscita di questo film, è anche l’unico paese ad averlo fatto.

Tutta questa gloria (anche se a molti è sconosciuta) la dobbiamo a Franco Basaglia, un personaggio chiave della psichiatria e psicoterapia, grazie a cui nel 1978 uscì la Legge 180 -nota appunto come Legge Basaglia- che costituisce la prima ed unica legge quadro che impone la chiusura dei manicomi e la regolamentazione del TSO (trattamento sanitario obbligatorio), istituendo i servizi di igiene mentale pubblici (REMS).
Basaglia fu il più importante esponente della critica alla psichiatria che usava il manicomio come luogo di emarginazione e non di cura, che privava il malato della dignità di essere umano, che abusava dell’elettroshock come strumento per “sedare”. In contrapposizione promuove il concetto di folle non solo come malato ma anche di uomo, evidenziando il valore di tutti i suoi normali bisogni all’interno di una terapia.
Certo tutte queste idee Franco le ha maturate non solo attraverso l’esperienza personale, ma anche studiando gli scritti e le esperienze di altri dotti colleghi europei: la differenza è che lui ha trasformato questi concetti filosofici in azioni concrete ed è stato l’unico nel mondo a farlo.

A conti fatti, purtroppo, la “chiusura ufficiale” degli OPG (ospedali psichiatrici giudiziari) è avvenuta solo nel marzo 2015… ed è comunque una meta-chiusura, nel senso che nella maggior parte delle regioni non esistono ancora le strutture alternative che la legge prevede e ci sono svariati movimenti che lottano contro l’abuso del TSO stesso (e cito SLINT, una canzone scritta dal Teatro degli Orrori proprio a questo scopo).

Tutta questa premessa, forse un po’ pesante, è a mio avviso molto utile da conoscere per comprendere meglio questa pellicola, nella quale si vedono “persone” (perché da tali sono trattate) ricoverate in una comunità terapeutica giudiziaria, dove il rapporto umano ha un valore ed anche l’esigenza di lavorare per sentirsi utili è rispettata (valutando magari chi può farlo solo all’interno della struttura e chi invece può farlo anche fuori sotto custodia). E si vede l’amicizia affascinante tra due “ospiti” molto particolari, molto diverse, ma in qualche modo tutto loro anche complementari.


Tutto trattato con le ormai note capacità di Paolo Virzì e supportato dall’abilità di Francesca Archibugi ad ammorbidire la narrazione, preferendo invece sottolineare (in punta di piedi) l’importanza di far sentire le “ospiti” come considerate degne di rispetto, seppur tenendole sotto una forma particolare di detenzione.

Un film che trovo estremamente valido, a tratti commovente, e contenitore di messaggi importanti. Insomma è da vedere, anche per apprezzare la bravura di Valeria Bruni Tedeschi nell’interpretare il personaggio di Beatrice, una donna che si atteggia a gran signora e dispensa continuamente consigli alle altre “ospiti”.

Ed è pensando a Beatrice che ho selezionato il giusto piatto da associare al film: un piatto raffinato, da gourmet, di alta gastronomia, qualcosa che possa essere realizzata a dovere solo da un competente chef.

Uovo fritto su letto di bietole, con chiodini e bottarga 




Il piatto è bellissimo e di una complessità sicuramente alta, soprattutto per la preparazione dell’uovo, che deve essere croccante all’esterno e contemporaneamente cremoso all'interno.

Audrey e George hanno avuto la fortuna sfacciata di poter gustare questo piatto preparato dal giovane e talentuoso chef Enrico Panero prima che lui lasciasse il ristorante “Da Vinci” di Eataly.

Non avendo a disposizione la ricetta dello chef (e non volendo azzardare un’improvvisazione) probabilmente la cosa migliore è lasciarvi con questa suggestione, sperando vi stimoli a raccogliere la sfida e cimentarvi nel cercare di realizzarla!
Come piccolo aiuto, nel caso, si può fare riferimento a questo link, che dà qualche aiuto nella realizzazione dell’uovo fritto.


Enjoy