DOGMAN .. e la pasta con la Pomarola
Un uomo particolare.
Socialmente inserito grazie ad una forte voglia di esserlo. Una persona che ama
profondamente i cani, ma ancora di più la sua favolosa bambina.
Dogman è il nome della sua
attività, quella cioè con cui si prende cura dei cani che gli vengono affidati
come dog-sitter: li porta a passeggio, li nutre, li lava e li asciuga, e tutto
mettendoci il suo vero e coraggioso amore.
Il tutto in un quartieraccio
malfamato del sud Italia nel quale Marcello, il protagonista, sembra proprio
nato male.
Le sorprese non mancano, ma
non sono le classiche sorprese esagerate all’americana: sono più delicate e, a
mio parere, più spiazzanti.
Uno dei motivi per cui sono
andato a vedere questo lavoro di Garrone, nonostante non rientri affatto tra i
generi che amo, era l’implacabile curiosità di capire la situazione in cui il
film è costruito e scoprire il finale “sorprendente”
citato fin troppe volte da fin troppe persone.
Quello che posso dire dopo
averlo visto è che alla fine mi è piaciuto, ma in un modo e per motivi
differenti da quelli per cui ero andato a vederlo. Infatti ai titoli di coda mi
sono sentito un po’ insoddisfatto: la curiosità insoddisfatta di quali sviluppi
ulteriori ci sarebbero potuti essere mi ha fatto sentire un po’ derubato, ma solo
per un quarto d’ora perché i punti più importanti ci sono tutti ed arrivano
meglio dopo averli lasciati un po’ a candire.
Marcello Fonte: è proprio lui il Marcello protagonista del film, ed è bravo, proprio bravo, e dà un
valore aggiunto al film. Non tornerei a vederlo, perché ormai so già tutto e
invece il bello è proprio nel vedere come Marcello indirizza la sua vita e cosa
sceglie di fare tra le varie opzioni che avrebbe di fronte. Consiglio però di
andare a vederlo se c’è la possibilità.
Tra le cose più belle è il
vero e profondo amore che dimostra verso i cani, anche quelli più grossi e
cattivi, fino alla scena (molto carina) in cui, a casa, divide il piatto di
pasta che ha preparato per sé col suo cane… e solo perché il cane gli fa capire
che lo preferisce alla pappa. Magari si trattava di una semplice pasta al
pomodoro, ma se la pommarola è di quelle fatte in casa da chi le sa fare bene,
allora la reazione del cane è più che comprensibile. Vi dirò perciò com'è che
la fa mia madre, perché come la fa lei a me piace davvero molto.
Purtroppo non ne ho una foto,
non è nella mia indole fare foto al cibo, ma se seguirete la ricetta sono certo
che non ne rimarrete delusi.
Gli ingredienti sono pochi e
semplici, ma è il livello della loro qualità a fare la differenza: 1 kg di
pomodori rossi (di quelli a grappolo) ben maturi, 5 foglie di basilico fresco, 1
cipolla di Tropea grossa, mezzo bicchiere di olio EVO e sale q.b.
In una padella, mettere la
cipolla tagliata a pezzi anche grossi a farsi ammaccare nell'olio con un po’ d’acqua
e quindi aggiungere i pomodori precedentemente tagliati a pezzi e privati dei
semi. Far cuocere, col coperchio, per 30’ a fuoco medio ed aggiungere un
cucchiaino di zuccherò se all'assaggio si dovesse riscontrare un po’ di acidità
(solitamente causata da un insufficiente grado di maturazione dei pomodori).
Passare tutto col passa-verdure e poi far sobbollire per altri 5’ dopo aver
aggiunto il basilico.
Qualunque pasta è adatta e l’aggiunta
di formaggio è altrettanto libera sia in termini di tipo che di quantità. A qualcuno,
poi, piace aggiungere peperoncino, o un fondo di nduja o di ventricina, ma è
chiaro che così facendo si passa a una serie di deviazioni del piatto base, vale
a dire la mitica pasta c’a pummarola ‘ncopp.
Enjoy