La Sposa Bambina e la Zuppa Yemenita


La storia di Nojoud Ali (o Nojoum, come a lei piace farsi chiamare) non è una storia di fantasia. È una storia vera, ripotata prima nel romanzo autobiografico La Sposa Bambina e successivamente, nell’anno 2014, anche nell’omonima pellicola. È una storia drammatica, che offre uno spaccato culturale che i più faticano non solo a conoscere ma anche ad accettare. Eppure è tutto vero… e, putroppo, alquanto attuale.

La vera Nojoud è nata in un villaggio nel nord dello Yemen nel 1998, e per varie vicissitudini viene data dal padre in sposa, anche se lei aveva appena 10 anni, ad un uomo che ne aveva più di 30. Si parla quindi di fatti accaduti nel 2008, cioè quasi adesso. Tutto quello che ne segue diventerà un caso internazionale, comparendo sui quotidiani di molte nazioni e scuotendo gli animi di tutti i lettori.

Ciò che la storia racconta è una raccapricciante realtà di molti paesi asiatici e africani, che accetta ancora come validi i loro centenari usi e costumi, i quali considerano pratica regolare il matrimonio precoce, sebbene anche le leggi locali lo vietino fermamente. E la causa di tutto, come prevedibile, è l’ignoranza, che permette alla tradizione di rendere lecito l’illecito.

L’animo si accende guardando le scene del film, e viene da gridare allo sdegno, certo; ma prima di farlo è bene ricordare (come suggerito in un’altra recensione che ho letto riguardo al libro) che anche in Italia fino al 1981 erano sempre in vigore leggi terribili e vergognose, come quella sul “delitto d’onore” e sul “matrimonio riparatore”. E quelle erano addirittura leggi!

Ciò che però offre il film è anche la possibilità di avvicinarsi a qualcun’altra delle particolari tradizioni rurali yemenite, molto distanti dalle nostre e, per certi versi, affascinanti. Le panoramiche , invece, mostrano paesaggi aridi, poco rigogliosi, con strade sterrate in salita ricavate a mano i cui margini sono ottenuti con pietre ammassate e non fissate, che cascando possono colpire chi passa di sotto. La povertà di queste zone contrasta molto con le aree cittadine, che risultano decisamente più ricche e culturalmente avanzate, ma anche molto costose: per viverci non basta il reddito di un operaio occasionale improvvisato, e la disperazione che ne segue può spingere a fare delle scelte “estreme”.

Bene, basta così. Ho scritto così tanto perché trovo che il chiusissimo mondo yemenita incuriosisca una cultura molto differente come la nostra; e lo stesso ritengo valga anche per la parte culinaria. Esistono infatti dei piatti tipici che sono arrivati a noi solo grazie alla parte yemenita ebraica, dopo essere emigrata in Israele. Tra questi c’è una zuppa che trovo molto interessante, di quelle che desideri quando fuori fa freddo e piove, basata su carne, ossa e spezie tipiche. È una minestra densa, appiccicosa e acre, che lascia un retrogusto patinato di carne, e che tradizionalmente andrebbe servita con l’Hilbeh, un condimento schiumoso e molto piccante a base di semi di fieno greco e Schuge, che però sconsiglio: per quanto possa essere gustoso e salutare, dopo averlo mangiato si odora di fieno greco per circa una settimana!

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Zuppa Yemenita con Carne e Ossa

Ingredienti: 1kg di ossa di vitello tagliate, 1.2kg di stinco di vitello con l’osso (stesso taglio dell’ossobuco) tagliato a cubetti di media grandezza, 2.5l d’acqua, 2 patate sbucciate e tagliate in quattro, 3 carote sbucciate e tagliate grossolanamente, 1 pomodoro grande maturo tagliato in quattro, 1 cipolla grande sbucciata e tagliata in quattro, 20g (un cucchiaio e mezzo) di misto di spezie “Hawaiej”, 1/3 di cucchiaino di cardamomo, 1 cucchiaino di cumino, e infine olio, sale, pepe e peperoncino q.b.

Preparazione: Mentre si tiene a preriscaldare il forno a 120°C, pulire le ossa, metterle in una pentola grande piena d’acqua (non dai 2,5l citati) a bollore e lasciarle cuocere per dieci minuti prima di scolarle e lavarle. In una padella con olio caldo, scottare i cubetti di carne su tutti i lati, poi metterli da parte e aggiungere 250ml d’acqua (non dai 2,5l citati) alla padella per grattarne il fondo con un cucchiaio di legno. Questo fondo va versato in una pentola grande assieme alla carne scottata, alle ossa lavate e ai famosi 2.5l d’acqua, portando tutto ad ebollizione. Aggiungere quindi tutti gli altri ingredienti, eccetto il sale, il peperoncino e l’Hawaiej, e mescolare bene. A questo punto la pentola, tappata col suo coperchio, va spostata nel forno per non meno di 4 ore (l’usanza richiederebbe tutta la notte) prima di condire il risultato con sale, peperoncino e Hawaiej.

Ed è proprio questo misto di spezie Hawaiej uno dei segreti del piatto: si può ottenere mescolando assieme 1 cucchiaio di cumino, 1 di curcuma, 1 cucchiaino di cardamomo, 2 di coriandolo e ¼ di chiodi di garofano. L’importante è utilizzare spezie macinate che siano le più fresche possibili.

Ultimo piccolo segreto: la zuppa è più buona il giorno dopo, magari servita con pane fresco.

Enjoy!