La Regina Degli Scacchi beve Pastis


Un gioco veramente molto particolare quello degli scacchi. Non posso definirmi un vero appassionato, tantomeno un giocatore dotato, però non mi tiro indietro se posso cimentarmi con qualcuno scarso come me, perché è un gioco che ti sa catturare. Ricordo che volli imparare da molto piccolo e devo ringraziare mio nonno (pace all’anima sua) che, pur essendo molto bravo, riuscì non solo a trovare la pazienza per spiegarmi i movimenti e le regole, ma anche a giocare con me tutte le volte che glielo chiedevo, dandomi suggerimenti per alcune mosse e… lasciandomi vincere. Ecco un esempio di dove può arrivare l’amore per i nipoti.

Non riesco poi a togliermi dalla mente i pomeriggi che, nel secondo anno universitario, passavo a studiare nella facoltà di matematica: lì la passione smodata per gli scacchi che vedevo negli studenti mi lasciava a bocca aperta e mi faceva capire molto bene quanto io fossi lontano anni luce da quei livelli di competenza.

Ma pur avendo visto tutto questo, sono anche consapevole del fatto che per raggiungere le vette più alte non basta applicarsi con devozione: senza quel talento naturale che ti permette di vedere le possibili evoluzioni della partita conseguenti ad ogni singola mossa non c’è alcuna possibilità. Ed è un talento, qualcosa che hai oppure no, ma anche qualcosa che se ce l’hai quasi sempre ha anche una contropartita spiacevole che porta prima o poi a dover pagare dazio.

La serie che ho appena finito di vedere su Netflix, ed è la prima volta che faccio un post proprio su una serie, parla appunto di una fanciulla che, rimasta orfana, scopre in orfanotrofio di essere catturata da questo gioco, al quale viene introdotta da un custode. E sarà proprio questo custode a rendersi conto, in breve tempo, di quanto talento si nascondesse in questa apparentemente innocua giovinetta. Il titolo è La Regina degli Scacchi.


La trama affronta vari aspetti della vita di questa ragazza e le tante vicissitudini che la condiziona, rendendo la serie molto piacevole ed interessante. Ma fra i tanti aspetti c’è anche quello relativo alla suddetta contropartita, che la porterà a trovarsi spesso sola e vittima di alcool e droghe, seppur leggere. Ed è proprio nella serata di un’importante vigilia che lei cadrà nella rete di una delle bevande più popolari della Francia: il Pastis.



Il Pastis è un liquore a base di anice che si beve sia a orario aperitivo per aprire lo stomaco, che dopo cena come alleggerimento. Il Pastis va diluito con acqua e si beve con ghiaccio. Il procedimento è di riempire il bicchiere per 1/4 di Pastis, aggiungendo poi i restanti 3/4 di acqua e due o tre cubetti di ghiaccio prima di mescolare. Il risultato che si ottiene è un long drink dall’aspetto lattiginoso (effetto che si riscontra normalmente con bevande a base anice) e con intenso profumo e sapore di anice.

Non so quanti lo conoscano in Italia: io l’ho conosciuto solo avendo uno zio che abitava in Francia e ce lo fece assaggiare portando a casa nostra una bottiglia di Ricard (uno dei Pastis francesi più noti). Ma posso testimoniare, in prima persona, che questa spaccatura Italia/Francia sul Pastis è davvero netta: ho passato diverse estati in Liguria proprio al confine con la Francia (ben oltre Ventimiglia), per cui mi capitava molte volte di sconfinare a Mentone e, tra le cose che mi hanno colpito, c’era un’importante presenza di grandi manifesti che pubblicizzavano proprio il Richard. Cosa che prima del confine era letteralmente impossibile trovare.

Va da sé che se non amate l’anice è preferibile lo evitiate: un test abbastanza significativo può essere (in caso l’abbiate provato) se avete gradito o detestato bere il Voltfast in polvere disciolto in acqua, perché lo richiama davvero molto.

Una curiosità: Il Pastis nacque a Marsiglia, agli inizi del ‘900, per sostituire l’assenzio, che fino ad allora era di gran moda, quando quest’ultimo venne proibito perché considerato tossico.

Enjoy