Salgemma, Il Sale della Terra



Un tema su cui non mi è mai capitato di ascoltare discussioni è quello che riguarda le tipologie di sale che possiamo trovare in Italia. Con una breve ricerca in rete, si trova facilmente che ce sono due: quelle di estrazione marina (o sale marino), che si ottengono per evaporazione e sono più ricche di oli minerali e iodio e si trovano più frequentemente in Romagna, Puglia, Sardegna e Sicilia; e poi quelle di estrazione mineraria, che sono più comuni e chiamate anche salgemma, i cui giacimenti si trovano principalmente in Toscana, Calabria e Sicilia, e a cui spesso lo iodio viene aggiunto durante la lavorazione (da cui la terminologia “sale iodato”). 

In realtà nella mia famiglia non abbiamo mai dato particolare importanza a quale sale comprassimo, alla fine bastava fosse sale, ma adesso scopro che le differenze non sono nemmeno solo le due che ho citato, ma ce ne sono svariate altre ed esistono siti nel web che compilano classifiche nelle quali, oltre a valutarne il migliore impiego, stabiliscono quale fra loro sia di qualità superiore. In una di queste mi ha colpito il primo in classifica, che vi propongo:



Re Sale | Fiordisale

Siamo di fronte all’isola di Mothia (all’interno della riserva naturale di Isole dello Stagnone, in provincia di Trapani), dove nasce questo capolavoro prodotto dalla Sosalt e declinato in due linee: i cristalli di salina grandi, dal gusto forte, robusto e pronunciato, da macinare direttamente sulle pietanze; oppure il Fiordisale Fior d’Infersa. Quest’ultimo viene raccolto a mano e proposto in purezza, o aromatizzato con scorzette d’arance sbucciate a mano e lasciate essiccare al sole, insieme a coriandolo, ginepro o salvia.

Questo sale, purtroppo, viene da una salina e pertanto si tratta di un sale del mare; avrei trovato invece molto più connesso al film un salgemma, proprio perché quello sarebbe stato a tutti gli effetti Il sale della terra, come dice il titolo del film di cui voglio parlare. Ora, per onestà intellettuale, non posso non ammettere la chiara spiegazione dell’autore che, per il protagonista del film in questione, il vero sale della terra è la gente, la gente che soffre la fame, la miseria, la violenza dei governi, gli abusi, le malattie che si diffondono senza sosta, che fugge per sopravvivere e cerca il modo di rifugiarsi come può.

Si tratta di una sorta di docufilm che racconta la vita del grande fotografo Sebastião Salgado, all’inizio attraverso le prime fasi della sua vita, e poi tramite i suoi vari reportage fotografici. La regia del film è quindi fatta a due mani: oltre al figlio del fotografo, infatti, c’è quel genio di Wim Wenders, che sa decisamente bene come gestire questo genere di pellicola ed esaltare la profondità delle gioie e degli sconforti di un uomo che ha sempre avuto veramente a cuore la sorte del mondo e degli uomini che la popolano. Mi ha molto colpito anche il fondamentale ruolo della moglie Lelia: oltre ad essergli di continua ispirazione, il suo appoggio ha reso possibile al fotografo di portare avanti i suoi progetti fotografici, che richiedevano una presenza di lunghi periodi nei luoghi più sperduti del mondo.

Ho scelto di vedere questo film per due motivi: il primo è stata la segnalazione da parte di un gruppo di amici, fra cui un paio di psicologi che ne erano particolarmente appassionati, che volevano assolutamente lo vedessi anche io; l’altro è il ricordo di un momento particolare di qualche anno fa, all’ingresso del cinema Portico di Firenze, in cui Audrey portò la mia attenzione proprio sulla locandina di quel film, che era in programmazione nell’altra sala, dicendomi che ne aveva sentito parlare molto bene. Oggi posso dire con soddisfazione di averlo visto e di averne voluto fare il post; aggiungo solo che si tratta di un film lento e mentale (cioè alla Wim Wenders), che quindi richiede di trovarsi nello stato d’animo giusto per poterlo apprezzare. Poi la scelta rimane a voi.

Enjoy